C’è chi misura la produttività in KPI.
Io la misuro in tazzine.
In ufficio la pausa caffè è il vero social network: niente slide, niente “allineamenti”, niente PowerPoint con 46 bullet point.
Solo due persone (o dieci), una macchinetta e il tempo di un sorso.
Eppure, quante volte le idee migliori nascono lì, non in sala riunioni?
La scienza dietro il caffè
Uno studio dell’MIT ha rilevato che le interazioni informali tra colleghi aumentano la creatività e il problem solving del 20%.
Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia, scrive in Thinking, Fast and Slow che la nostra mente produce intuizioni quando è rilassata, non sotto pressione.
E indovina dove siamo più rilassati? Con una tazzina in mano, non davanti al capo.
Il caffè come rito
In Italia è un’istituzione, ma vale ovunque: il caffè è la scusa per rallentare.
Non è caffeina: è comunità.
Victor Hugo lo definiva “il nero balsamo dell’anima”.
Forse non aveva mai fatto un call di 3 ore su Teams, ma qualcosa aveva capito.
La pausa che crea legami
La pausa caffè è anche il luogo dove la gerarchia evapora.
Il CEO e lo stagista hanno la stessa moneta di scambio: 1 euro e 10 minuti.
È il momento in cui scopri che il collega temuto ama i gatti, o che il capo cucina lasagne la domenica.
E quando torni alla scrivania, paradossalmente, il lavoro fila meglio.
Tips OOO per il caffè (anche in smart working)
- Riproduci il rito: stessa tazza, stesso orario → segnala al cervello “pausa vera”.
- Fallo sociale: anche da remoto, prendi 10 min per sentire un collega (senza agenda).
- Non farlo correndo: se bevi in 30 secondi davanti all’inbox, non è pausa.
- Fallo creativo: tieni un taccuino a portata → le idee arrivano lì, non in sala riunioni.
Nota ironica
In ufficio tutti abbiamo visto questo:
- La macchinetta che smette di funzionare proprio il lunedì.
- Il collega che chiede “caffè deca?” e viene guardato come un alieno.
- La coda che diventa brainstorming improvvisato.
È lì che nasce la cultura aziendale: tra zucchero, risate e macchine che sputano cappuccini improbabili.
Conclusione
La pausa caffè non è tempo perso: è tempo guadagnato in idee, relazioni, leggerezza.
In un mondo di agende piene, è l’unico “meeting” che funziona senza agenda.
E se qualcuno ti chiede a cosa serve, puoi rispondere con ironia:
“Almeno qui non devo fare un follow-up.” ☕😉

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