di Lidia Yuknavitch
“Il corpo ricorda tutto, anche quello che la mente prova a dimenticare.”

Un’autobiografia che non si legge come un memoir ma come una tempesta. Yuknavitch racconta il suo corpo, il desiderio, la perdita, gli abusi, l’arte e la scrittura come se fossero la stessa cosa. Non cerca di piacere, non cerca di rassicurare: racconta la sua vita nuda, con la lingua affilata e piena di carne viva.
È un libro duro, a tratti disturbante, ma necessario. Un testo che non si consuma: ti prende a morsi, poi ti abbraccia. E alla fine ti lascia con la sensazione di aver letto qualcosa di irripetibile.
Da stropicciare…
… nei momenti di cambiamento, quando serve sentire che anche le crepe fanno parte del disegno.
Da piegare l’angolo pagina su…
“Ogni cicatrice è una mappa: non bella, ma vera.”
Quello che ci resta addosso…
Un libro che non consola, ma libera. Ti ricorda che la fragilità non è un difetto: è forza allo stato puro.

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